Un brivido percorse la schiena di Marta. Le parole echeggiavano ancora nella sua mente, fredde e taglienti come lame. "Non tornerò più", le aveva detto lui, con una durezza che non le aveva mai conosciuto. "Disse" no, pensò Marta con un moto di orgoglio ferito. "Disse". Perché quel verbo, così semplice, così comune, le sembrava ora così estraneo, così distante?
Forse perché il passato remoto, nella sua immediatezza, racchiudeva tutta la drammaticità di quella rottura. Non era un "diceva" sfumato, avvolto nel passato imperfetto, ma un "disse" netto, definitivo, che chiudeva un capitolo della sua vita con la brutalità di una porta sbattuta con violenza.
Il passato remoto del verbo dire, come tutti i passati remoti, è una finestra spalancata su un passato concluso, un passato che non torna. Eppure, proprio in questa sua finitezza risiede il suo fascino. Un fascino che ha sedotto scrittori e poeti, che lo hanno scelto per dare voce a eroi e antieroi, per narrare amori e battaglie, per dipingere mondi reali e immaginari.
Da Dante a Manzoni, da Leopardi a Pirandello, il passato remoto di "dire" si snoda lungo la storia della letteratura italiana, lasciando la sua impronta indelebile. Pensiamo al "disse" lapidario con cui Caronte, nella Divina Commedia, accoglie le anime dannate: "Guai a voi, anime prave!". O al "disse" carico di commozione con cui Renzo, ne "I Promessi Sposi", saluta Lucia dopo mille peripezie: "Addio, Lucia mia!".
Ma il passato remoto di "dire" non è solo appannaggio della letteratura. È una forma verbale che utilizziamo anche noi, nel linguaggio quotidiano, per raccontare un evento passato, per riportare un discorso diretto, per dare enfasi a una frase. Eppure, nonostante la sua apparente semplicità, il passato remoto del verbo dire nasconde delle insidie.
Spesso, infatti, si tende a confonderlo con il passato prossimo, soprattutto nel parlato. E così, invece di dire "Ieri Marco mi disse che sarebbe partito", ci capita di dire "Ieri Marco mi ha detto che sarebbe partito". Un errore veniale, certo, ma che rischia di impoverire il nostro linguaggio, privandolo di quella sfumatura di passato compiuto, concluso, che solo il passato remoto sa dare.
Vantaggi e svantaggi del passato remoto del verbo dire
Vantaggi | Svantaggi |
---|---|
Rende il racconto più vivace e scorrevole | Può risultare desueto nel linguaggio parlato |
Evidenzia la distanza temporale tra il momento in cui si parla e il momento in cui si è verificato l'evento | Rischia di essere confuso con il passato prossimo |
Dona al testo un tono più formale e letterario |
Per non cadere in questi errori, ecco alcuni consigli utili:
- Rileggete sempre con attenzione ciò che scrivete, cercando di individuare eventuali errori nell'uso del passato remoto.
- Fate attenzione al contesto in cui utilizzate il passato remoto, assicurandovi che sia quello giusto.
- Non abbiate paura di usare il passato remoto, anche nel linguaggio parlato. Un uso consapevole di questa forma verbale, infatti, non può che arricchire il vostro modo di esprimervi.
Il passato remoto del verbo dire, come un antico dipinto, ci riporta a un'epoca passata, a un modo di comunicare più elegante e raffinato. Imparare a usarlo correttamente è un po' come riscoprire un tesoro nascosto, un tesoro che può arricchire il nostro linguaggio e renderlo più preciso, più efficace, più bello. Un tesoro che, una volta scoperto, non vorremmo mai più abbandonare.
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